Di questi tempi parlare di viralità non è proprio il massimo, ma non passa giorno senza che un cliente mi chieda: Walter, come facciamo a rendere virali i contenuti che pubblichiamo?
In fondo è normale, che si tratti di un post pubblicato sui Social o di un articolo del blog, tutti noi vorremmo vedere i nostri contenuti diventare virali: non c’è niente di più avvilente di constatare che, dopo tanta fatica nel produrli, i nostri contenuti sono stati letti, commentati o condivisi solo da una manciata di persone.
La brutta notizia è che purtroppo non esiste una formula magica che ci consenta sempre di conferire viralità ai nostri articoli o ai nostri post: dipende da troppi fattori, molti dei quali sono del tutto imprevedibili.
Ma c’è anche una buona notizia, e cioè che ci sono due regole fondamentali che se applicate nel modo corretto possono dare una grande spinta ai nostri contenuti e farli diventare “aerodinamici” (anche senza ricorrere a foto di gattini).
INDICE
1. Le due regole per scrivere contenuti virali
2. Primo esempio: il vinile
3. Secondo esempio: il libraio di Lorient
4. Terzo esempio: Briatore e la Puglia
Le due regole per scrivere contenuti virali
Alessandro Baricco, nel suo bellissimo The Game, si chiede quali siano le caratteristiche salienti dei contenuti aerodinamici, di quei contenuti cioè che riescono a prendere grande velocità nel web e a raggiungere in breve tempo un enorme numero di persone.
Baricco affronta la questione da un punto di vista filosofico: The Game è un meraviglioso affresco della civiltà digitale in cui noi tutti siamo immersi: ne costruisce una mappa dettagliatissima ripercorrendo gli snodi storici fondamentali che l’hanno plasmata negli ultimi 30 anni e ne individua le caratteristiche salienti, quelle che maggiormente influenzano il nostro modo di vivere.
Non è un libro sul web marketing, ma le conclusioni a cui giunge possono essere di grande ispirazione per chi tutti i giorni cerca di aumentare vendite e visibilità tramite il web.
Niente suspense, ecco le due caratteristiche essenziali dei contenuti virali (aerodinamici):
1. bisogna rinunciare all’esattezza assoluta;
2. bisogna agganciare uno storytelling ai nostri contenuti.
Le approfondiremo direttamente attraverso due esempi che fa lo stesso Baricco e un altro caso reale che invece riguarda il mio lavoro.
Primo esempio di contenuto virale: il vinile
Sono 15 anni che il numero di vinili venduti nel mondo aumenta ogni anno.
A pensarci bene, è strano: “un vinile è caro, pesante, lungo da mettere su, si sporca, si rovina, occupa spazio e ogni trenta minuti va girato“. Strano sì, ma non sorprendente: abbiamo già visto in un articolo sul marketing della nostalgia, come qualcosa che a un certo punto diventa vecchio, superato, inutile, poi col passare degli anni può tornare desiderabile, non tanto (o non solo) per la sua utilità, quanto piuttosto per la capacità di rievocare antiche emozioni.
Ma qui ci interessa un’altra cosa, e cioè che di questo “risveglio del vinile” praticamente non si era mai parlato, se non su riviste/magazine di settore: questo trend non aveva mai trovato la scorciatoia giusta per “salire in superficie” e diventare virale.
Poi a un certo punto… FRAN (cit.), la notizia arriva in prima pagina e se ne comincia a parlare in ogni angolo del pianeta:
“Il fatturato del vinile ha superato quello della musica digitale”.
Cosa ha permesso a questa notizia, che già in qualche modo circolava senza che però nessuno se la filasse, di diventare virale?
Ecco la prima mossa: la capacità di rinunciare all’esattezza.
Di fatti quel titolo è tutto fuorchè corretto. Ci sono almeno 3 imprecisioni:
1) il vinile ha battuto la musica digitale solo nel Regno Unito, non in tutto il mondo;
2) lo ha fatto solo per una settimana, quella di Natale (il vinile è più facilmente “regalabile” rispetto alla musica digitale);
3) non lo ha fatto davvero, nel senso che il fatturato del vinile è stato superiore solo a quello dei servizi che si basano esclusivamente sulla pubblicità (per dire: Youtube o Spotify base).
Però se fossero stati forniti tutti questi dettagli la notizia non avrebbe mai acquisito la giusta velocità, non sarebbe mai diventata aerodinamica, virale, e sarebbe rimasta intrappolata nella terra di mezzo delle notizie vere che però non interessano a nessuno.
Non voglio soffermarmi qui sull’aspetto etico, quanto piuttosto sul fatto che questa “verità inesatta” (il vinile vende più della musica digitale) ne esprimeva una “esatta” (c’è un ritorno curioso di vecchie tecnologie). E che solo grazie alla prima (e alla sua inesattezza) tutto il mondo è venuto a conoscenza della seconda (che invece è vera veramente).
Bello eh?
Forse sì, forse no, ma ci siamo dentro fino al collo, sul web funziona tutto così.
E veniamo ora alla seconda mossa: questa notizia è stata in grado di alimentare uno Storytelling piuttosto articolato, quello che ci racconta dell’avvincente lotta tra il vecchio e il nuovo mondo, tra l’analogico e il digitale, tra il concreto e l’intangibile. Tra una generazione e l’altra. Tra un’ipotesi “positiva”, quella per cui gli esseri umani sono talmente “avanti” nella loro svolta tecnologica e digitale da potersi permettere il recupero di reperti del passato, e quella “negativa”, per cui il ripristino di vecchi comportamenti starebbe a indicare il rifiuto della tecnologia e dello scenario contemporaneo.
Insomma c’è tanto di cui parlare, di cui scrivere: è il tipico argomento su cui le persone amano dire come la pensano e su cui amano schierarsi. E infatti il buzz attorno alla notizia fu enorme.
Rinuncia all’esattezza + Storytelling = contenuto virale
Secondo esempio di contenuto virale: il libraio di Lorient
L’altro esempio che fa Baricco è quello di un libraio di Lorient, in Bretagna, che aveva esposto fuori dalla sua libreria un cartello con scritto “Non abbiamo il libro di Trierweiler“.
Era l’inizio del 2014 e una rivista francese svelò, con tanto di fotografie, che il presidente François Hollande aveva un’amante, giovane e carina. Al tempo, la compagna ufficiale di Hollande era Valérie Trierweiler, una giornalista: non la prese affatto bene. Troncò bruscamente la relazione col presidente e poi si mise a scrivere. Un libro.
Il cartello esposto dal libraio di Lorient divenne subito virale e in pochissimo tempo cartelli simili comparvero su moltissime librerie indipendenti: “Non abbiamo il libro di Trierweiler. In compenso abbiamo Balzac, Maupassant, Proust…“, oppure “Siamo librai, abbiamo 11 mila libri, e non ci piace essere la spazzatura di Trierweiler e Holande“.
Il titolo del libro era Grazie per questo momento e nacque un vero e proprio movimento unito dallo slogan “No grazie per questo momento“: lo spirito che l’animava era chiaro, era lo stesso con cui le librerie indipendenti combattevano contro Amazon, la grande distribuzione e le catene dei megastore che minacciavano una certa idea di libreria, di cultura del libro, una certa idea di civiltà. Ma era anche la battaglia della cultura alta contro quella bassa, dei libri importanti contro quelli di gossip, degli scrittori di serie A contro quelli di serie B.
E questo è lo Storytelling che garantì la viralità dei cartelli esposti fuori dalle librerie e il successo del movimento. Arrivarono in un attimo attestazioni di solidarità da tutto il mondo e online, soprattutto su Twitter, non si parlava d’altro.
Siamo persino in grado di sapere il momento preciso in cui tutto si mise in moto: il famoso cartello esposto a Lorient fu pubblicato su Twitter il 4 settembre del 2014 da una persona qualunque che passava da lì. Il tweet era composto dalla foto del cartello e da un commento di 5 parole: un vero libraio a Lorient.
Mentre il movimento era all’apice del successo, un quotidiano della Bretagna inviò un giornalista a intervistare il libraio di Lorient, l’uomo che aveva scatenato la sommossa. L’inviato, probabilmente con l’idea di farne una sorta di eroe, gli chiese come gli era venuta in mente l’idea di attaccare il cartello. Ecco la risposta:
Il fatto è che quel libro non mi era ancora arrivato. Era tutta la mattina che entrava gente a chiderlo, e così a un certo punto mi sono stufato di rispondere e ho messo quel cartello in vetrina.
Il giornalista, in un disperato tentativo di salvare la storia che aveva in testa (e per cui era stato mandato lì) gli chiese se l’avrebbe venduto, il giorno in cui gli fosse arrivato.
Certo, perchè no? Rispose il libraio di Lorient.
Altro che capopopolo. Altro che rivoluzionario.
Eccola qui, per usare un eufemismo, la rinuncia all’esattezza. Che insieme allo Storytelling hanno garantito la viralità e la visibilità della protesta.
Terzo esempio: Briatore e la Puglia
Nel 2016 collaboravo con un portale immobiliare dedicato ad acquirenti internazionali in cerca di una casa in Italia e Flavio Briatore si scagliò contro la Puglia con dichiarazioni tipo questa: “I vostri alberghetti non servono, i ricchi vogliono hotel di lusso sul mare“. Ci sembrò un’ottima occasione per divulgare un comunicato stampa “in difesa della Puglia” e degli opertori che in quella regione si occupano di incoming, sottolineando il grande interesse verso questa regione da parte degli investitori internazionali.
Agganciare al comunicato uno Storytelling efficace non fu difficile.
Era una polemica, quella tra Briatore e la Puglia, che toccava molti aspetti in grado di stimolare l’opinione pubblica e di spingerla a schierarsi: la lotta tra ricchi e poveri in primis, ma anche la “spocchia” del facoltoso uomo del Nord che vuole impartire lezioni ai meridionali o l’enorme tema della globalizzazione, per cui strutture locali tipiche come trulli e masserie andrebbero sostituite con asettici hotel extralusso. E molto altro ancora.
In modo quasi istintivo, prendemmo immediatamente posizione “in difesa” della Puglia e delle sue abitazioni tipiche, che sapevamo essere molto apprezzate dagli stranieri (ecco lo Storytelling), convinti per di più del fatto che una mossa di questo tipo avrebbe trovato il favore – come minimo – dei pugliesi e della stampa locale.
E poi c’erano i numeri: i dati in nostro possesso sulle richieste provenienti dall’estero per immobili pugliesi testimoniavano l’alto grado di “desiderabilità” della Puglia e la capacità di competere con altre regioni considerate storicamente più ambite dagli investitori internazionali.
Erano numeri “veri”, ma che erano stati selezionati con cura per l’obiettivo che volevamo raggiungere, cioè “dare torto” a Briatore. Non dicevamo nulla per esempio sulla disponibilità economica di questi potenziali acquirenti: cercavano case da 50.000€ o da 1 milione di €? In fondo questo era il punto centrale su cui poggiava la critica di Briatore: “la Puglia non è in grado di attrarre turisti facoltosi“. Poi erano dati sulle richieste di informazioni per gli immobili, non sulle compravendite vere e proprie (non è detto che a tante richieste corrispondano tante vendite). Ed erano dati per l’appunto sul mercato immobiliare, che hanno a che fare in qualche modo col settore turistico ma non coincidono con esso (ecco la rinuncia all’esattezza).
Ci limitavamo a dire, dati alla mano, che la Puglia piaceva, e non era poco: questo ci permise di diffondere in modo capillare il nostro comunicato sulla stampa locale, che non aspettava altro che dati e prese di posizione in grado di smentire Briatore. Ci furono tantissime pubblicazioni, anche sui social, con un livello di engagement davvero molto elevato.
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Insomma, che il vostro obiettivo sia uscire sulle testate internazioni più importanti del mondo (notizia sul vinile), smuovere le coscienze e alimentare un movimento di protesta (libro della Trierweiler) o ottenere una copertura capillare sulla stampa locale (Briatore VS Puglia), la regola è sempre la stessa:
Rinuncia all’esattezza + Storytelling = contenuto virale